Skip to main content

PADRE NELL’OBBEDIENZA – 1 parte

Articolo pubblicato il: 24 Dicembre 2021

L’obbedienza di San Giuseppe e il suo amore per Maria

Grazie all’espressione “Padre nell’Obbedienza”, Papa Francesco porta alla nostra attenzione una virtù che da sempre è un aspetto importante nella vita di San Giuseppe. 

Il Papa, infatti, ci ricorda come Giuseppe sia stato anzitutto obbediente ai quattro sogni (Cfr. Mt 1,20-21; Mt 2, 13; Mt 2, 19-20; Mt 2, 22-23) che, pian piano, gli svelarono i passi che dovette compiere per custodire il progetto di salvezza di Dio e che gli donarono il coraggio necessario ad affrontare la sua vocazione. Egli, attraverso questi sogni, rinuncia all’idea e ai programmi che aveva pensato per la propria vita chinandosi così pienamente al volere del Creatore. Ecco perché la Scrittura lo definisce come «uomo giusto» (Mt 13, 55) ovvero uomo attento all’ascolto e alla pratica della Parola di Dio.

Da quello che conosciamo grazie ai Vangeli, possiamo immaginare che San Giuseppe amava profondamente la sua sposa Maria, anche se questo non è espresso in modo esplicito. Se infatti così non fosse, se non ci fosse quest’amore di fondo, non si spiegherebbe in primo luogo il paradosso della scelta Divina di far incarnare il Figlio di Dio in una famiglia non animata dall’Amore e in secondo luogo non avrebbe senso il tormento interiore che Giuseppe dovette affrontare dopo esser venuto a conoscenza della gravidanza inaspettata di Maria, sua sposa.

Sicuramente questo tormento non è dettato soltanto dalla sua giustizia visto che la Legge Mosaica gli permetteva, senza alcun problema, il ripudio. Più che altro, questo turbamento  è dovuto alla fiducia che Giuseppe riponeva nella sua Sposa. Fiducia che lo mette in crisi: credere a Maria e alla storia che essa racconta oppure seguire la Legge dei Padri? Questo tentennare non è forse un segno d’Amore? Se togliessimo l’Amore di fondo, perderebbe senso quel: «poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (Mt 1, 19). 

Non è quindi azzardato pensare che Giuseppe e Maria si amassero veramente e profondamente e che avessero un serio progetto di vita insieme. Così come non è assurdo pensare che tutto quello che riguarda l’obbedienza di Maria, intesa come qualità umana, sia attribuibile anche a Giuseppe. 

Sappiamo che a quell’epoca i matrimoni avevano una dinamica di scelta molto diversa da quella che siamo abituati a vivere adesso, tuttavia non possiamo trascurare l’ipotesi che si “pianificassero” matrimoni con alla base un feeling che potesse, in qualche modo, garantirne una durata stabile e serena. 

Giuseppe e Maria sono chiamati a ruoli diversi all’interno dello stesso progetto, sono creati in modo diverso, tuttavia condividono gli stessi principi di vita e le stesse idee di Fede. Così dice il Papa: «In ogni circostanza della sua vita, Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat”, come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani» (Patris Corde, 3).Potremmo tranquillamente dire che ci sono caratteristiche comuni all’interno della Santa Famiglia.

Ma non vorrei divagare, è opportuno tornare all’obbedienza di Giuseppe. 

Il Papa ci ricorda anche un altro aspetto dell’obbedienza di Giuseppe, quello prettamente relativo alla Legge Mosaica di cui prima accennavo nella questione del ripudio e che può tornare a far chiarezza sul concetto precedente. Infatti, entrambi i genitori di Gesù hanno dimostrato molta attenzione a quelle che erano le prescrizioni della Legge circa i riti della circoncisione o della purificazione dopo il parto o ancora dell’offerta del primogenito a Dio (Patris Corde, 3). Questo ci fa comprendere come Giuseppe – e quindi anche Maria – fossero persone dalla Fede integra, calorosa e soprattutto autentica.

Essi muovono i loro passi guidati da quelle manifestazioni soprannaturali che svelano loro i fatti prodigiosi della Salvezza, ma non si insuperbiscono per questo, anzi rimangono fedeli a quella fede che li ha resi degni – nel caso di Giuseppe – e che li ha preparati – nel caso di Maria – ad accogliere il Messia atteso dalle genti. 

Giuseppe è quindi emblema dell’obbedienza cieca ed incondizionata al progetto di Dio. A tratti obbedienza anche a ciò che non comprendeva, ma egualmente accoglieva e compiva. In altre parole è esempio di obbedienza alla vocazione che Dio istilla nel cuore dell’uomo, anche quando questa vocazione va in contraddizione con quelli che sono i nostri piani e la logica umana. In questo caso potremmo dire che il motto di San Giuseppe è: “Il progetto di Dio prima di tutto! / La Vocazione al primo posto!”.

Ma come raccordare tutto questo con la vita di San Francesco di Paola? Non mi sembra di vaneggiare quando penso di poter affermare che San Giuseppe è emblema dell’obbedienza alla vocazione donata da Dio e che San Francesco di Paola ne è il più fedele seguace e attento imitatore.

Come prima accennavo, non abbiamo strumenti diretti che ci raccontano in modo preciso l’esperienza spirituale personale di San Francesco. Ma anche se non abbiamo un racconto dei quattro sogni, così come avviene nel Vangelo per San Giuseppe, possiamo immaginare che, come per lui, anche per S. Francesco ci siano stati quattro sogni nella storia della sua vocazione. Questa convinzione si rafforza alla luce delle quattro volte in cui il Paolano ha dovuto abbandonare la propria volontà, il proprio progetto di sequela di Dio, per abbracciare un progetto più grande che gli veniva ispirato dallo Spirito Santo.  

[Continua…] 

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.