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Tag: frati minimi

APPUNTAMENTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2022 – Mese dei defunti

Martedì, 1 novembre              

Solennità di Tutti i santi
SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30, 19

Mercoledì, 2 novembre            

Commemorazione dei fedeli defunti
SS. Messe per i defunti: ore 8, 10, 12, 18
Ore 18.30: Riflessione sulla commemorazione dei defunti a cura di Gianni de Luca

Giovedì, 3 novembre
SS. Messe ore 8, 10, 12, 18
Ore 18.30: Adorazione Eucaristica “Tu hai distrutto la paura della morte”

Venerdì, 4 novembre
SS. Messe ore 8, 10, 12, 18
Ore 18: S. Messa per i defunti della nostra parrocchia

Sabato, 5 novembre                

Festa dei santi le cui reliquie sono venerate nella nostra Basilica 

Domenica, 6 novembre            

VI Giornata Mondiale dei Poveri dal tema “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (cfr. 2Cor 8,9)
Le offerte raccolte durante le S. Messe saranno interamente devolute a favore della Caritas parrocchiale. Chi lo desidera può portare generi alimentari di prima necessità presso i locali della nostra sacrestia.

Mercoledì, 16 novembre          

Memoria liturgica di S. Giuseppe Moscati
ore 17.10: S. Rosario animato dal Gruppo di preghiera parrocchiale “S Giuseppe Moscati”.
Ore 18: S. Messa in memoria del Santo medico, con benedizione con la reliquia del santo.
Ore 18.30: “Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo” – Catechesi su S. Giuseppe Moscati a cura di P. Tommaso Guadagno sj

Venerdì, 18 novembre             

Inizio della Novena della Medaglia Miracolosa
(Vedi programma a parte)

Domenica, 20 novembre          

Solennità di Cristo Re dell’universo
SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30, 19
Ore 15.30: Consacrazione alla Madonna del Miracolo dei bambini. Portate i vostri figli!
Le offerte di quest’oggi saranno devolute alle Claustrali

Domenica, 27 novembre          

FESTA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA e I Domenica di Avvento
(Vedi programma a parte)

Martedì, 29 novembre             

Inizio della Novena all’Immacolata Concezione
(Vedi programma a parte)

Mercoledì, 30 novembre          

Solennità di Sant’Andrea Apostolo, Titolare e Patrono della Comunità
Ore 18: Concelebrazione Eucaristica presieduta dal Parroco, P. Giacomo M. D’Orta, con i Rettori delle chiese del territorio parrocchiale. Atto di affidamento della Parrocchia al Santo Patrono e venerazione del frammento della Croce dell’apostolo Sant’Andrea.

Dal lunedì al sabato
SS. Messe ore 8, 10, 12, 18
S. Rosario ore 17.10

Domenica e Solennità
SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30, 19
S. Rosario ore 17

Confessioni
ore 9-12\16-19

Ogni mercoledì
ore 18.40: Il Vangelo domenicale, a cura di Gianni De Luca

Ogni giovedì
ore 18.40: Adorazione Eucaristica comunitaria

Ogni domenica
ore 16: Incontro del RnS (Gruppo Esperanza)

II. PADRE NELL’ACCOGLIENZA – 1 parte

Torniamo a riflettere sulle figure di come San Giuseppe e San Francesco e come possano essere di ispirazione grazie al titolo “Padre nell’accoglienza”. Seguono i link per rileggere le precedenti riflessioni:

  1. https://www.madonnadelmiracolo.it/come-due-binari-paralleli-e-concordi/
  2. https://www.madonnadelmiracolo.it/padre-nellobbedienza-1-parte/
  3. https://www.madonnadelmiracolo.it/padre-nellobbedienza-2-parte/

La svolta è quando si passa dalla cupidigia all’offerta

Il secondo spunto di riflessione, che ci viene offerto dalla Lettera Apostolica Patris Corde, è “Padre nell’accoglienza”, tema che, in qualche modo, ci aiuta a rinforzare i concetti che già abbiamo tracciato nell’obbedienza. Papa Francesco, infatti, ci presenta San Giuseppe sotto un aspetto che assume due dimensioni: in primo luogo quello dell’accoglienza di Dio e successivamente quello dell’accoglienza del prossimo. 

Giuseppe fu uomo dell’accoglienza perché seppe ricevere con benevolenza anche ciò che non riuscì a comprendere immediatamente (Patris Corde, 4). Si aprì all’ignoto basandosi sulla fiducia in Chi quell’ignoto lo proponeva, seguendo così l’esempio dei suoi Padri: Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè ecc. Ai normali sentimenti di delusione, ribellione o ancora di turbamento, egli contrappose un atteggiamento “nuovo”, l’atteggiamento di colui che non preclude nulla alla propria vita perché la riconosce anzitutto strumento nelle mani di un Altro e non esclusivo possedimento di cui godere e disporre come meglio gli aggrada. 

La svolta nella vita avviene proprio quando si passa dalla cupidigia all’offerta della propria esistenza. Tutto cambia quando dal “perché?” si passa al “per chi?” della propria esperienza e così facendo ci si riconosce strumenti per la salvezza degli altri[1]. Se sono strumento per te, allora non posso fare altro che accoglierti e accogliere il progetto che insieme ci coinvolge.

Ci dice Papa Francesco che Giuseppe seppe accogliere e riconciliare anzitutto la propria storia così da poter aprirsi a qualcosa che lentamente gli si andava rivelando. Il tema dell’accoglienza e della riconciliazione sono necessariamente collegati tra loro. Egli «non è un uomo rassegnato passivamente»[2] bensì con la sua accoglienza manifesta la docilità e «il dono della fortezza che ci viene dallo Spirito Santo. Solo il Signore può darci la forza di accogliere la vita così com’è, di fare spazio anche a quella parte contraddittoria, inaspettata, deludente dell’esistenza»[3]

Dobbiamo quindi cancellare dalla nostra mente l’idea di un San Giuseppe che subisce incondizionatamente senza avere il coraggio di ribellarsi a Dio per far valere il suo pensiero, per far spazio alla figura di un San Giuseppe “attento ai segni dei tempi[4], attento alla voce dello Spirito, disposto ad accogliere perché altrettanto disposto a servire anche in modi a lui sconosciuti. 

Vi è poi un altro aspetto dell’accoglienza che ci viene proposto ed è quello relativo al prossimo. Umanamente parlando sappiamo quanto sia difficile l’accoglienza del prossimo, sia di quello nostro conterraneo sia di quello straniero. 

L’accoglienza del prossimo in qualche modo mette in discussione la nostra capacità di saperci “governare”. Soltanto chi è capace di gestire se stesso – con le proprie emozioni, desideri e paure – è altrettanto capace di aprirsi all’accoglienza dell’altro che giungendo porterà necessariamente quelli che sono i suoi progetti, le sue ansie e le sue aspettative. Forse proprio per questa sua difficoltà, l’accoglienza è il sintomo più eloquente e espressivo di chi sa veramente amare.

Siamo abituati a vedere come simbolo dell’accoglienza la figura della donna in gravidanza e, per chi è religioso, l’emblema per eccellenza è la Vergine Maria in attesa del Redentore. La donna che aspetta un bambino e lo ama infinitamente è in grado di annientare se stessa nell’intento di accogliere al meglio quella vita “straniera” che si fa spazio nel suo grembo. È capace di modificare le proprie abitudini e di rinunciare a ciò che più le aggrada al fine di disporre il proprio corpo come ambiente sano e propizio alla nascente vita. Oggi riscopriamo, grazie a San Giuseppe, che anche l’uomo può manifestare la medesima capacità e disposizione di accoglienza e di amore. Certamente non in modo fisico, così come Dio ha concesso alla donna, ma in altro modo che tuttavia conserva la stessa preziosità.

L’uomo infatti ha due modi specifici di accogliere, l’uno strettamente collegato all’altro: quello della predilezione e quello del lavoro

La predilezione è quella capacità che l’uomo manifesta ponendo al primo posto nella scala delle proprie priorità il prossimo, la vita nascente o la vita bisognosa. La predilezione è il primo sintono e segno dell’Amore. L’Amore è predilezione. Se così non fosse, non sarebbe vero amore[5]. La predilezione porta a quell’annientamento che pone in primo luogo le attese e i bisogni dell’altro. Così l’uomo è capace di quello svuotamento che lo porta a consumarsi nel lavoro[6] – secondo modo specifico di quest’amore – al fine di togliersi dal baricentro della propria vita e consumarsi per realizzare sogni che non gli appartengono direttamente ma che sono entrati nella sua vita grazie all’accoglienza di un “secondo individuo”.

«Perché l’amore che dà la vita è un amore che si esprime così: io non sono più il centro. L’amore è decentrarsi e togliersi di mezzo, perché chi stai amando diventa il centro»[7].

È l’esperienza di San Giuseppe, che svuota la propria esistenza dei progetti personali che aveva ideato per abbracciare il progetto, destinato principalmente a Maria. È l’esperienza di San Giuseppe che rinuncia alla propria naturale libertà per accoglie una vita nascente e per sostenere con il proprio lavoro i bisogni di questo nuovo prossimo. 

Scopriamo allora che se nella donna l’accoglienza è sinonimo di fertilità e di docilità all’amore, nell’uomo l’accoglienza è sinonimo di custodia del prossimo. Custodia tante volte silenziosa e anche incompresa di chi la “subisce”. Dove scorgere l’atteggiamento di custodia in San Giuseppe? Come Egli esercita il ruolo di custode? 

È il Vangelo la prima e autenticissima fonte in cui scorgiamo la custodia di Giuseppe, una custodia fatta non di parole ma di azioni. Egli esercita il suo ruolo: «Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù»[8].

Egli ogni qual volta si prospetta una necessità o un pericolo non esita ma «si alza, prende con sé il Bambino e sua madre, e fa ciò che Dio gli ha ordinato» (Patris Corde, 5). Non è forse questo il modo più manifesto con cui ci dimostra il suo atteggiamento di custode? Egli si prende cura di «Gesù e Maria sua madre [che] sono il tesoro più prezioso della nostra fede» (Patris Corde, 5).

In tal modo Giuseppe diventa anche emblema dell’affidabilità: «[E’] la persona più affidabile che sia mai esistita, diversamente Dio non gli avrebbe affidato le cose più preziose che possedeva: il bambino e sua madre»[9].

[Continua…] 

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.


[1] «Non è così importante concentrarsi e domandarsi perché vivo, ma per chi vivo. Imparate a farvi questa domanda: non per cosa vivo, ma per chi vivo, con chi condivido la mia vita». Papa Francesco, Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone. Incontro con i giovani. Discorso del Santo Padre. 25 novembre 2019, consultabile all’URL: <https://tinyurl.com/y6z7t97o> (accesso il 08.01.2021).

[2] Ivi.

[3] Ibidem.

[4] «[S]a ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge». Papa Francesco, Santa Messa, imposizione del pallio e consegna dell’anello del Pescatore per l’inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma. Omelia del Santo Padre Francesco. 19 marzo 2013 (in seguito=Omelia d’inizio del Ministero Petrino), consultabile all’URL: <https://tinyurl.com/y6p4pvfq> (accesso il 08.01.2021).

[5] «Dovremmo quasi dire che l’amore è l’esperienza della preferenza, del sentirci unici rispetto a tutto il resto. Nell’amore, una cosa non vale l’altra. Ci sono cose che valgono e cose che non valgono, nell’amore. […] Se un genitore dà a qualunque figlio le stesse cose, e non comprende che ogni figlio è unico e irripetibile e ha bisogno di ricevere, per così dire, in maniera simbolica, la propria tunica, con la propria taglia […] allora quel padre, quella madre, quei genitori stanno sì educando, ma di un amore che tirerà fuori molto spesso rancore e risentimento». L. M. Epicoco, Telemaco non si sbagliava. O del perché la giovinezza non è una malattia, San Paolo, Milano 2020, 73-75.

[6] «Il lavoro diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza, occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le proprie potenzialità e qualità, mettendole al servizio della società e della comunione; il lavoro diventa occasione di realizzazione non solo per sé stessi, ma soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia». Patris Corde, 6, ______.

[7] L. M. Epicoco, L’amore che decide. Due meditazioni in un tempo di indecisioni, Tau Editrice, Todi 2019, 53.

[8] Papa Francesco, Omelia d’inizio del Ministero Petrino. 

[9] L. M. Epicoco, Qualcuno a cui guardare. Per una spiritualità della testimonianza, Città Nuova, Roma 2019, 129.

Orario delle Ss. Messe: Settembre – Giugno

Dal Lunedì al Sabato:

8.00 – 10.00 – 12.00 – 18.00

Domenica e festivi:

8.00 – 10.00 – 12.00 – 17.30 – 19.00

Ore 17.10 –  S. Rosario

Ore 17.00 – Diretta su nostri canali Youtube e Facebook

Chiusura del mese di maggio

180° Anniversario dell’Apparizione della Vergine Maria ad Alfonso Ratisbonne (1842 – 2022)

Venerdì 27 maggio

Ore 16.00: Recita dell’Ora di Guardia (Rosario della Conversione)

Ore 18.00: Supplica alla Madonna della Medaglia Miracolosa e S. Messa

Ore 19.00: Concerto Mariano eseguito dal Coro “Vergine del Miracolo”.

Direttore: Alessia Galli.

Organista: Francesco Cacioni.

Con la partecipazione di Giovanni Proietti Modi.

Sabato 28 maggio

Ore 18.00: S. Messa

Ore 19.00: Catechesi biblica a cura di P. Giacomo M. D’Orta“Il più sublime cantico di gioia: il Magnificat”

Domenica 29 maggio

Ore 19.00: S. Messa

Ore 20.00: Catechesi a cura di don Luigi Maria Epicoco“Ella parve mi dicesse: Basta così” – Il mistero della vita nuova con Maria

NON OCCORRE NESSUNA PRENOTAZIONE

APPUNTAMENTI DEL MESE DI MAGGIO 2022

Domenica, 1 maggio

SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30 e 19.

503° Anniversario della Canonizzazione di S. Francesco di Paola (1519)

210° Anniversario della nascita di Alfonso Ratisbonne (Strasburgo, 1812)

Mercoledì, 4 maggio

Nelle chiese dell’Ordine: Solennità di S. Francesco di Paola, Eremita e Fondatore dell’Ordine dei Minimi

Domenica, 8 maggio

Memoria della Beata Vergine del S. Rosario di Pompei – Giornata mondiale delle vocazioni – Festa della Famiglia

SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30 e 19.

ore 11.20: Rosario meditato e Supplica alla B.V.M. di Pompei – S. Messa

Domenica, 15 maggio 

Festa parrocchiale in onore di S. Francesco di Paola con Triduo di preparazione.

(Vedi programma a parte)

Lunedì, 16 maggio

ore 18.30: Incontro del Sinodo sulla beatitudine “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” a cura di P. Giacomo M. D’Orta.

Venerdì, 20 maggio

ore 17.20: Rosario animato dal Gruppo di preghiera “S. Pio da Pietrelcina”.

Al termine, preghiera per la glorificazione del Venerabile P. Pio Dellepiane dei Minimi, sepolto in Basilica.

Domenica, 22 maggio Memoria di S. Rita da Cascia, monaca agostiniana

SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30 e 19.

A partire dalle ore 8.30, sarà possibile ricevere le rose benedette di S. Rita

Venerdì, 27 maggio Giornata Mariana

ore 16: Ora di Guardia (preghiera del S. Rosario della conversione); Supplica alla Madonna del Miracolo e celebrazione eucaristica all’altare dell’Apparizione.

Martedì, 31 maggio Visitazione della Beata Vergine Maria

Dal lunedì al sabato

SS. Messe ore 8; 10; 12; 18

S. Rosario ore 17.10

Domenica e Solennità

SS. Messe ore 8; 10; 12; 17.30; 19

S. Rosario ore 17.00

Confessioni

ore 9-12\16-19

Ogni mercoledì

ore 18.40: Il Vangelo domenicale, a cura di Gianni De Luca

Ogni giovedì

ore 18.40: Adorazione Eucaristica comunitaria

Giornata Mariana Mensile – 27 aprile 2022

Oggi 27 aprile 2022, l’appuntamento mensile ai piedi dell’altare della Madonna del Miracolo.

La Supplica sarà recitata anche durante tutte le messe del mattino.

Alle ore 16.30 avrà inizio la recita completa del Rosario della Conversione (Ora di Guardia), alla quale seguirà la preghiera della Supplica.

ore 19.00 – S. Messa

Programma del Mercoledì delle Ceneri – 2 marzo 2022


S. Messe: 8; 10; 12; 19

L‘imposizioni delle cenere avverrà in ogni santa Messa


Ore 12.45: esposizione del SS. Sacramento fino alle 18.45


Ore 15: La coroncina della Divina Misericordia


Ore 18: S. Rosario


La S. Messa delle ore 19.00 sarà trasmessa in diretta su TV2000


La Basilica sarà aperta ininterrottamente dalle 7.30 fino alle 20.00

VARIAZIONE ORARIO SANTE MESSE

ORARIO DELLE S. MESSE DEL 1 MARZO:

Ore 7 (TV2000), 8 (TV2000), 10, 12, 19 (TV2000)

ORARIO S. MESSE DAL 2 MARZO al 13 APRILE:

Dal lunedì al venerdì: 8 – 10 – 12 – 19 (TV2000)

Sabato: 7 (TV2000) – 8.30 (TV2000) – 10 – 12 – 19 (TV2000)

Domenica: 7 (TV2000) – 8.30 (TV2000) – 10 (Canale 5) – 12 – 17.30 – 19 (TV2000)

LE DIRETTE DAI NOSTRI CANALI FACEBOOK E YOUTUBE SONO SOSPESE FINO AL MESE DI MAGGIO

“FAMIGLIA, SCUOLA E SOCIETÀ”

Incontri con Pierluigi Bartolomei presso il Santuario Sant’Andrea delle Fratte per coppie in qualsiasi stagione del matrimonio

20 FEBBRAIO (ORE 20)
I cinque linguaggi dell’amore follow-up 

19 MARZO (ORE 15.30)
Babbo dove sei 

23 APRILE (ORE 20)
Telemaco e i giovani d’oggi 

N.B.: Le giornate del 22 maggio e del 26 giugno verranno
fatte in modalità di intera giornata, quindi
luoghi e orario verranno comunicati successivamente.

I Minimi francesi della Trinità dei Monti e la canonizzazione di S. Francesco di Sales. 1652-1665

di François-Charles Uginet

Estratto dal volume: Y. Bruley (a cura di), Trinità dei Monti riscoperta. Arte, fede e cultura, Le Luca Editori d’Arte, Roma 2002, 67-70.

Il 19 aprile 1665 il papa Alessandro VII canonizzo il beato Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e fondatore, con Madre de Chantal, dell’Ordine di Santa Maria della Visitazione. Durante la cerimonia solenne, che si svolse nella basilica di San Pietro a Roma, i Minimi francesi del convento della Trinità dei Monti portarono i due grandi gonfaloni con l’effigie del santo. II papa permise loro di conservarne uno, mentre l’altro fu inviato al primo monastero della Visitazione di Annecy, ancora conosciuto col nome della “Sainte Source”. Il gonfalone rimasto a Ramo fu trasferito da San Pietro al convento del Pincio in occasione di una processione che attraversò la citta il 21 giugno successivo. Ando quindi a riunirsi agli altri souvenirs legati alla memoria del santo vescovo di Ginevra, già conservati nella chiesa della Trinità dei Monti; alcuni dei quali pervenutici: confinati in mesti reliquiari. Benché il vescovo di Ginevra fosse suddito del duca di Savoia e benché l’ordine dei Minimi non avesse occupato un posto di particolare rilievo nella biografia del santo, i Minimi francesi di Roma beneficiavano di questi doni grazie alla presenza fra loro del padre Andre de Chaugy, fratello di una superiora della “Sainte Source”, incaricata dal 1647 di proseguire la canonizzazione del fondatore.

Al processo informativo locale, iniziato ad Annecy nel mese di gennaio 1623 su istigazione di madre de Chantal, aveva fatto seguito un processo apostolico istruito dai giudici remissori nominati dalla Santa Sede. Una serie d’infausti eventi – la peste, la guerra, l’inesperta raccolta delle testimonianze e la complessità crescente della procedura imposta da Urbano VIII proprio in quegli anni – ostacolarono la causa. Madre de Chantal morì nel 1641 senza aver potuto concludere nulla e costatando che Coloro i quali trattano con la corte di Roma devono dar prova d’ assoluta pazienza”.

La procedura fu ripresa sotto il pontificato di Innocenzo X, con una nuova raccomandazione dell’Assemblea del Clero di Francia. Le suore di Annecy sempre padrone dell’incarico, l’affidarono ad un postulatore residente a Roma, Gabriel Besançon, teologo della cattedrale di Aosta, e ad un altro suddito del duca di Savoia, Cristoforo Giarda, barnabita e familiare del papa. A loro fu associato M. Montheron, prete di San Luigi dei Francesi. Il favore di cui godeva padre Giarda consenti di mandare avanti le case, o perlomeno rese più chiare le posizioni rimaste piuttosto confuse alla fine del precedente pontificato.  Quando, nel 1648, si ottenne l’autorizzazione di avviare ad Annecy un processo di «non culto», che dal 1634 era la condizione sine qua non al proseguimento di qualsiasi causa di canonizzazione, si credette di scorgere i primi effetti del favore papale (e della costosa campagna di omaggi profferti ad influenti personaggi della Curia romana).

II procedimento sembrava avviato nella buona direzione, maggiormente da quando, in questo frangente il padre Giarda aveva ricevuto dal papa la nomina a vescovo di Castro. Per aiutare il povero barnabita ad affrontare le spese del suo insediamento, le Visitandine considerarono “che la riconoscenza (le) obbligava a donargli gli abiti da vescovo e gli ornamenti; e anche (…) a consentigli un prestito di cento pistole per avviare il suo modesto treno”. Sennonché poiché era stato nominata senza l’accordo di Ranuccio il Farnese, duca di Parma, ma anche di Castro e di Ronciglione, il vescovo fu accolto alla frontiera del ducato di Castro da due spadaccini incappucciati che, fermata la carrozza sulla quale egli viaggiava con Gabriel Besançon, gli scaricarono addosso quattro colpi d’arma da fuoco. Il vescovo, che stava recitando l’ufficio dei morti con il suo compagno di viaggio, morì due giorni dopo, in seguito alle ferite riportate. Besançon ne rimase così scosso che non poté fare più nulla per il resto di quell’anno”. Quanta a Montheron, doveva morire in quello stesso anno 1649, in seguito a un’operazione di calcolosi, portando con sé tutti gli anticipi di pensione che aveva richiesto per le cure. Nel 1650, Besançon fece ritorno in Val d’Aosta.

Al momento in cui Gabriel Besançon lasciò la città, vi giunsero invece Fabio Chigi già legato pontificio per i negoziati della Pace di Westfalia, e il frate minimo francese André de Chaugy, fratello di Madre de Chaugy, mandato dal suo Ordine in residenza al convento della Trinità dei Monti. Fabio Chigi assiduo lettore della Introduzione alia vita devota, aveva una profonda venerazione per Francesco di Sales. Il suo ingresso nel Sacra Collegio e la sua nomina a segretario di Stato da Innocenzo X, e infine la sua elezione al soglio pontificio con il nome di Alessandro VII, diedero nuovo impulso alla procedura di canonizzazione. Egli fece consigliare a Madre de Chaugy di designare André de Chaugy come postulatore essendo egli interamente sostentato e per di più in un ottimo monastero ove le eviterebbe molte spese, tanto per la sua parca amministrazione quanto perché non necessiterebbe d’alcuna pensione”. Il religioso, che era stata conclavista di Alessandro VII e al quale quest’ultimo aveva data l’incarico d’insegnare la lingua francese al proprio giovane nipote Flavio Chigi godeva della completa fiducia del papa. Su raccomandazione personale di Alessandro VII, padre de Chaugy scelse Jean Miget, chierico della Franca Contea, originario di Pontarlier e residente a Roma, per mettere in buona forma gli elementi del processo e per rispondere ai quesiti scritti dei giudici romani. Tuttavia, Alessandro VII rimaneva molta scrupoloso e non voleva in nessun caso infrangere le regole della procedura “per tema che i maligni cogliessero l’occasione della sua devozione [a Francesco di Sales], per dire che quella canonizzazione era un alto di favore“. 

II padre de Chaugy e l’avvocato Miget fecero del loro meglio, non senza che il primo si trovasse esposto all’invidia del vescovo di Le Puy, Henri de Maupas, rappresentante dell’Assemblea del Clero francese e ufficialmente delegato dal re di Francia per sollecitare la canonizzazione. Questi vedeva con un certo stupore un modesto frate come mandatario ufficiale della Visitazione per postulare la causa di Francesco di Sales. Poco al corrente delle usanze romane con molte probabilità egli ignorava che – come scrisse il padre de Chaugy:

ogni gloria e splendore di quest’incarico consiste nell’essere in giro per Roma dalla mattina fino alla sera, talvolta alla porta dell’uditore di un cardinale, dove bisogna rimanere anche tre o quattro ore e ritornarvi cinque o sei volte senza ottenere udienza; tal altra, alla porta di un promotore della fede che ha trenta cause come la vostra e  per di più caldeggiate da teste coronate; tal altra ancora alla porta degli avvocati concistoriali assediati da un’infinità di cause, per mettere loro pressione e supplicarli di preferire la vostra; talvolta alla porta di un traduttore …,  talvolta alla porta di un piccolo copista che guadagna un giulio al giorno per mettergli fretta e  tutto questa dalla mattina fino alla sera, sotto il sole rovente e mortale di Roma”.

Finalmente, il 18 dicembre 1661 Alessandro VII firma il breve che dichiarava Francesco di Sales beato, e ne fissava la festa il 29 gennaio. Alcune difficolta finanziarie fecero si che si ammettesse un modesto apparato celebrativo per la beatificazione, in previsione della canonizzazione solenne che doveva seguire poco dopo. Una cerimonia si svolse a San Pietro l’8 gennaio 1662, e l’altra a San Luigi dei Francesi il 29 di quel mese. Jean Miget, il fedele avvocato borgognone completamente votato alla causa di san Francesco di Sales, senza aver chiesto né mai ricevuto alcun premio per il suo lavoro, mori nella primavera del 1662 tra le braccia del padre de Chaugy, cedendo il frutto del suo lavoro, ossia tremila scudi. Per il suo convento del Pincio il minimo ottenne da Alessandro VII di poter de dedicare al nuovo beato la cappella Simonetta (la seconda a destra entrando nella navata), che fece decorare a sue spese.

La cerimonia di canonizzazione fu posticipata in seguito ad alcuni incidenti avvenuti nel 1662 fra l’ambasciatore di Francia, duca di Créqui e la guardia corsa pontificia. II duca di Créqui e i prelati francesi lasciarono Roma e non vi fecero ritorno se non dopa la ratifica da parte di Alessandro VII dell’umiliante trattato di Pisa (12 febbraio 1664). Le impalcature erette in San Pietro in vista della canonizzazione erano ancora in piedi. Ma il papa non aveva fretta:

“Checché se ne dica, scriveva l’uditore di Rota Bourlemont a Hugues de Lianne, si pensa che la celebrazione solenne sarà posticipata fino a primavera, infatti da quando i papi prendono una cura così attenta della propria salute, vi sana pochi esempi di messe celebrate in San Pietro tra il 1° dicembre e il 1° marzo, a causa del freddo che fa’ all’ interno della Basilica, in quel periodo dell’anno.”

Henri de Maupas, intanto divenuto vescovo di Èvreux non demordeva dalla sua ostilità nei confronti del padre de Chaugy. Fino all’ ultimo minuto tento di escludere il minimo e i suoi confratelli della Trinità dei Monti dall’onore di portare il gonfalone del santo durante la cerimonia di canonizzazione celebrata i 19 aprile 1665, e ciò con grande irritazione del cardinale Flavio Chigi, il quale impose il suo volere in qualità di protettore dell’Ordine.

Il padre de Chaugy poté così tenere “nella mana destra … il grande cordone con nappa dorata che ferma lo stendardo”. I frati della Trinità dei Monti commissionarono al pittore Fabrizio Chiari una pala per l’altare maggiore della cappella della loro chiesa dedicata al santo, che doveva rappresentare Francesco di Sales nell’atto di ricevere il cordone da san Francesco da Paola. Questa tela e tutte le decorazioni che raccontavano la vita del Santo savoiardo scomparvero alia fine del XVIII secolo.

Bibliografia: Per questa breve scheda si è utilizzato: Bonnard, 1933, pp. 78-79; Lecouturier, 1933, ad indicem [Andre de Chaugy]; Renoux, 1993.