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PADRE NELL’OBBEDIENZA – 2 parte

Destino? No grazie. Meglio: scelta vocazionale!

Torniamo a riflettere su come San Giuseppe e San Francesco possano essere di ispirazione grazie al titolo “Padre nell’obbedienza” (Cf precedente riflessione). 

San Francesco nasce secondo modalità prodigiose, così come ci raccontano le prime agiografie scritte dai suoi discepoli contemporanei. Nasce in una famiglia che viveva ardentemente la fede; sappiamo infatti che sia Giacomo che Vienna erano ferventi credenti in Dio e che vivevano nel sano e santo timore dell’Altissimo[1]. Tuttavia non dobbiamo credere ad una predestinazione di San Francesco fin dalla sua nascita. Faremmo grave torto a Lui e a Dio se credessimo a questo. 

Ma attenzione non vorrei essere frainteso quando parlo di “predestinazione”. È opportuno fare chiarezza. Nella vita quotidiana, quando siamo a confronto con i fatti che accadono, si fa largo nelle nostre menti il concetto che siamo predestinati[2] a qualcosa, che il destino sceglie per noi e che noi siamo soltanto degli attori che, in fin dei conti, recitano un copione già scritto da qualcun altro. Chi poi è un po’ più religioso, attribuisce la scrittura di questo copione al Creatore, così che noi siamo solo esecutori di un qualcosa che non dipende pienamente da noi, ma da Dio che diventa così origine di ogni bene, ma anche causa di tutti i mali. Tutto accade necessariamente per realizzare questo disegno il cui compimento è irrefrenabile e in cui noi non abbiamo scelto nulla. Questo pensiero è quanto di più sbagliato possa esistere.

Lo possiamo affermare in modo netto e senza nessuna ambiguità: il destino – come siamo abituati comunemente  a concepirlo – non esiste[3]!!! Esiste la Provvidenza che è cosa ben diversa[4]

Questa scusa che ci siamo inventati – il destino che l’uomo incolpa fin dalla notte dei tempi delle proprie sventure – vuol essere niente di più che una panacea contro il senso di colpa che scuote la nostra coscienza ogni qual volta commettiamo qualche assurdità. 

Dio non impone mai nulla a nessuno[5]! Bisogna fare attenzione a quel proverbio, che ogni tanto solca le nostre labbra e che dobbiamo colpevolizzare di una grave omissione. Esso recita così: L’uomo propone e Dio dispone, ma la sua corretta forma, invece, dovrebbe recitare: Dio inspira, l’uomo sceglie e propone secondo il suo piacere mentre Dio dispone secondo e per il suo bene (dell’uomo).

Ecco come funziona la cosa. 

Ogni uomo è libero di assumere le proprie decisioni indipendentemente da ciò che Dio gli ha ispirato[6]. Sarebbe un’ingiustizia se il Creatore ci avesse formati soltanto per essere simili a dei robot che compiono azioni le quali non sono manifestazione della loro volontà ma compimento di pensieri altrui. Altresì, considerato che l’Onnipotente non è ingiusto, possiamo benissimo dire che tutto ciò che una persona “è” si basa sulle sue decisioni e sui fondamenti che egli ha scelto e ha posto in essere. 

Detto questo, perché faremmo un torto a Francesco? Perché, se affermassimo che fin dalla nascita egli era destinato a compiere il progetto della vita quaresimale, annulleremmo tutto lo sforzo di discernimento vocazionale che egli ha fatto[7]. Dio lo ha lasciato libero di organizzare come desiderava la sua vita, tuttavia in questa libertà gli ha posto davanti un progetto ben preciso che lui liberamente ha voluto accogliere e fare suo. Queste righe potrebbero sembrare un’inutile digressione. In realtà, io credo, siano fondamentali per comprendere i “sogni di Francesco”. 

[Continua…] 

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.


[1] «In Italia ci fu un venerando Padre, chiamato Francesco di Paola […] Suo padre di chiamava Giacomo di Salicone, comunemente detto Giacomo di Martolilla. Sua madre Vienna. E benché appartenessero al secolo, vivevano tuttavia come religiosi». In un altro passo: «[I]noltre lo stesso Giacomo, si disciplinava ogni notte dinanzi alle chiese che sorgevano fuori della città di Paola e che egli visitava di notte. Non mangiava frutta; e, anche quando gli veniva qualcosa da mangiare, non la voleva ricevere, se non conosceva prima da dove venisse […]». Anonimo coevo, Vie et miracles de S. Francois de Paule Instituteur de l’Ordre des Freres Minimes (in seguito: Anonimo coevo francese), in G. Fiorini Morosini e R. Quaranta (a cura di), La vita di San Francesco di Paola raccontata dall’Anonimo discepolo contemporaneo nel testo originale francese ritrovato dal p. Rocco Benvenuto O.M., Rubbettino Soveria Mannelli 2019, 88-89.

[2] Sull’accezione di questa parola sarebbe bene soffermarsi, seppur non lo si può fare esaustivamente in questo contesto. Non intendo infatti la “predestinazione cristiana”, che ha ben altro senso e che trova luce nella Sacra Scrittura – in modo particolare nel Nuovo Testamento (Ef 1,5; Ef 1, 11; Rm 8, 28-30) – ma quel comune significato che nella quotidianità viene attribuito come “obbligatorietà” a compiere qualcosa, come a-responsabilità delle colpe derivanti dal libero arbitrio. 

[3] «Bisogna però fare attenzione: noi pensiamo che avere un destino significhi avere una trama già scritta, la trama della nostra storia. Ma questo è sbagliato: avere un destino non significa avere il viaggio spiegato, sapere come andrà questo viaggio, quali saranno le scelte di questo viaggio, che cosa ci accadrà in questo viaggio. […] Siamo noi a decidere come andrà il viaggio, siamo noi a fare le scelte». L. M. Epicoco, L’amore che decide. Due meditazioni in un tempo di indecisioni, Tau Editrice, Todi 2019, 24-25.

[4] «Chiamiamo divina Provvidenza le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la creazione verso questa perfezione». CCC 302.

[5] «Dio ha creato l’uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti». CCC 1730.

[6] «Noi siamo liberi, abbiamo un destino, abbiamo una destinazione, ma siamo liberi di decidere il nostro viaggio. Siamo così liberi che delle volte possiamo decidere contro il nostro destino, contro questa destinazione». L. M. Epicoco, L’amore che decide. Due meditazioni in un tempo di indecisioni, Tau Editrice, Todi 2019, 25.

 

Presentato “Vita semplice di fra’ Francesco di Paola in Calabria” di P. Giovanni Cozzolino

di Luisa Vaccaro

Pizzo (Vibo Valentia) – È stato presentato nella chiesa di San Francesco di Pizzo, il nuovo lavoro di Padre Giovanni Cozzolino, “Vita semplice di fra’ Francesco di Paola in Calabria (1416-1483). Tra storia, nuove ipotesi e flashback Minimi”. Il sacerdote minimo si sofferma sulla vita del santo cercando però, di porre all’attenzione nuove sfumature, dettagli di una quotidianità vicina alla nostra umanità.

Il Santo, patrono della Calabria, figura poliedrica, uomo intellettuale, politico, religioso e cittadino del mondo, viene presentato ora, da una prospettiva particolare che lo trasporta nella nostra dimensione di semplicità familiare, un aspetto dunque, che lo avvicina alla nostra fragilità, consegnandolo però, alla coscienza collettiva, quale uomo del nostro tempo se pur Santo di umana carità.

“La parola semplice è il leitmotiv di un lavoro – afferma Nella Fragale, della casa editrice Grafichéditore che ha posto sigillo alla pubblicazione – diviene strumento di conoscenza della vita di San Francesco riuscendo a svelare, attraverso nuovi focus di osservazione e flashback di investigazione, aspetti nuovi, che costituiscono luce pe la nostra vita di ogni giorno. Un vademecum per i giovani che possono attraverso questo volume, entrare nell’intimità di un santo che riesce a scandire ogni attimo delle nostre semplici giornate, indirizzandole però verso la santità”.

Ad analizzare il testo di padre Giovanni Cozzolino è stato poi, il professore Filippo d’Andrea che sottolinea come “questo libro prospetti elementi nuovi di interpretazione di un Santo umanamente autorevole, figura poliedrica, trasportandolo nella nostra dimensione familiare, rendendone così, maggiormente la sua vicinanza alle nostre esperienze di vissuto giornaliero”.

“Questo testo – continua il professore D’Andrea –  è la sintesi complessiva dei numerosi ed approfonditi studi portati avanti da padre Giovanni all’interno della famiglia minima, che introduce però, nuove focalizzazioni sulla briografia del santo da Paola, e che si declina quale inno della vocazione al matrimonio e la famiglia. Accanto però, all’aspetto di vicinanza della santità alla nostra umanità, vi è una vera e propria esposizione di nuove ipotesi, trasformandosi in una vera e propria ermeneutica simbologica e teologica della lettura di alcuni aspetti quali per esempio, il mantello ed il bastone. Padre Giovanni Cozzolino, spesso voce fuori dal coro, cerca di ricercare quella che è la santità nascosta perché spesso, la religione è quella parte celata che merita di essere meditata e svelata. Questa esigenza ha illuminato il metodo di ricerca del padre minimo, che è andato oltre la verità riconosciuta come tale, andando a scavare la complessità dell’esemplarità di San Francesco, attualizzandola però, alla nostra modernità, e rendendola comunicazione per il nostro oggi”.

“Questo libro si pone dunque, come crisi di concetti prestabiliti, stravolgendone certezza e dato storico, attraverso uno scientifico metodo di indagine come sottolineato dallo stesso autore, affinché ogni data, ogni aggettivo, ogni parola sul fondatore dell’ordine dei minimi, potesse essere vissuta e dunque testimoniata nella sua interezza e profondità. Un libro che parte da Giacomo e Vienna Martolilla, genitori di Francesco, che rappresentando la fonte propagatrice della straordinarietà di quel loro figlio. Come loro i genitori tante piccole e preziose gocce di rugiada, che si depongono con i riflessi e le sfaccettature di un diamante prezioso, sullo splendido giardino di rose che insieme ci immergono nell’infinito mare della vita e di Dio! Ciò che apprende dai suoi genitori, Fra’ Francesco lo vive e lo trasmette ai giovani che vogliono essere veramente felici e realizzati”.

Il volume può essere ordinato in tutte le librerie e nelle piattaforme digitali.

La luminossissima festa del Santo Natale!

San Francesco di Paola: il Natale e San Giuseppe

Nelle riflessioni che stiamo dedicando al confronto tra le figure di San Giuseppe e San Francesco di Paola (Vedi riflessioni “Come due binari: paralleli e concordi”), si dice espressamente che, “ripercorrendo un po’ tutte quelle che vengono chiamate le fonti minime, non si trova mai citato in modo diretto o indiretto il nome di San Giuseppe”. Tuttavia, si afferma anche che “possiamo trarre dalle fonti alcune piccole notizie che ci aiutano a ipotizzare che San Francesco di Paola non abbia totalmente ignorato lo Sposo di Maria”. 

Dobbiamo, adesso, colmare il debito che abbiamo contratto con queste affermazioni cercando di illustrare quali possono essere queste piccole notizie che troviamo nelle fonti minime e che ci parlano della riflessione che San Francesco di Paola ha fatto sul Natale e conseguentemente su San Giuseppe. 

Nella Regola che San Francesco di Paola lascia ai suoi frati, ci sono dei superlativi che ci esprimono qual era la considerazione che il Santo riservava al mistero del Santo Natale. Ed è proprio da questi superlativi che dobbiamo partire per cercare di investigare questo campo che ci siamo proposti. Egli, nella terza stesura della Regola ed in occasione delle indicazioni circa il digiuno che i frati devono osservare durante l’anno, scrive: «Si daranno ancora al digiuno, […] sino alla solennissima (praeclarissimam) festività del Natale, e tutti i mercoledì e venerdì del l’anno, esclusa opportunamente l’ottava delle luminosissime (clarissimis) feste della Natività del Signore degli eserciti e […]»[1].

Due indicazioni impercettibili, inserite in un contesto molto circoscritto, che mettono in luce come il Paolano vedesse il mistero dell’Incarnazione e quale risalto egli dava alle solennità ad essa collegate. Per Francesco, il mistero del Natale, unito a quello dell’Annunciazione, costituiva un prezioso fondamento alla sua spiritualità penitenziale[2].

Scrive il Morosini: «[S]e cerchiamo di capire la sua vita interiore a partire dai suoi riferimenti al mistero dell’incarnazione, ci accorgiamo che dobbiamo concludere che lui, meditando sul mistero di annientamento del Verbo incarnato ha tratto da tale mistero forza e luce per la sua scelta penitenziale»[3].

Alla luce di questo collegamento con la kenosis del Figlio di Dio, elemento indispensabile per ogni spiritualità e ben presente in quella minima, comprendiamo che: se San Francesco di Paola non può essere estruso dal contesto e dalla spiritualità penitenziale – poiché se cosi fosse lo priveremmo della sua più intima caratteristica – allo stesso modo non possiamo relegarlo al solo deserto o al solo Calvario estromettendolo dalla contemplazione del mistero Natalizio. 

La vita di Cristo, alla luce delle Scritture (Cf. Fil 2,6-11; Eb 10,5-10), è un continuo e inalterato processo penitenziale; non che Dio abbia a doversi convertire, piuttosto è un processo di educazione dell’uomo alla conversione perpetua che trova sì la sua maggiore manifestazione in alcune tappe (Natività, deserto, Passione), ma che viene vissuto in modo ininterrotto dal primo vagito nella mangiatoia di Betlemme all’ultimo grido in Croce sul Golgota. 

Ecco perché mi sento confortato nel dire che Francesco contempla Cristo nella sua interezza e facendo ciò trova nell’unione Gesù-Maria i due punti cardine attraverso cui si è potuta compiere la promessa che l’Eterno fece ad Abramo. 

«Nel mistero dell’incarnazione, secondo le indicazioni bibliche, sia dal punto di vista di Gesù (Fil 2,6-11; Eb 10,5-10) che di Maria (Lc1, 26-38), S. Francesco vede l’esemplarità della penitenza cristiana, perché coglie in tale mistero, da una parte la disponibilità di Gesù ad essere tutto del Padre e a compiere la sua volontà, dall’altra quella di Maria, che accetta la proposta, fattagli dall’angelo in nome di Dio, di essere coinvolta nella disponibilità di Gesù ad incarnarsi per salvare l’uomo, solidale, con lui in tutto»[4]. Con quest’altro estratto del P. Morosini, credo che si sia ben evidenziata l’importanza che questi due misteri principali della cristianità rivestono all’interno della spiritualità minima. Dunque è possibile fare un passo conclusivo. 

Se San Francesco tiene in tal considerazione il mistero del Natale non possiamo non sostenere che nella sua riflessione e nella sua sequela si sia ispirato anche alla figura dello Sposo di Maria che riveste un ruolo fondamentale all’interno del Mistero del Natale. 

Nulla è impossibile a Dio, soleva dire il Paolano, ma credo che siamo tutti concordi nel dire che, se il Creatore ha scelto questa particolare modalità di salvezza per l’uomo e se in esso ha tirato in ballo la presenza del Castissimo Giuseppe, allora possiamo affermare che tale figura, centralissima all’interno della tenera casa di Nazareth, non ha potuto non essere meditata ed imitata dal Paolano. 

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.


[1] III RF, IX, LIII, 131-133.

[2] Cfr. G. Fiorini Morosini, Il mistero del Natale nella spiritualità di S. Francesco di Paola, in Scritti su San Francesco di Paola, Paola 2008, 53.

[3] Ivi, 53.

[4] G. Fiorini Morosini, Il mistero del Natale nella spiritualità di S. Francesco di Paola, in Scritti su San Francesco di Paola, Paola 2008, 55.

PADRE NELL’OBBEDIENZA – 1 parte

L’obbedienza di San Giuseppe e il suo amore per Maria

Grazie all’espressione “Padre nell’Obbedienza”, Papa Francesco porta alla nostra attenzione una virtù che da sempre è un aspetto importante nella vita di San Giuseppe. 

Il Papa, infatti, ci ricorda come Giuseppe sia stato anzitutto obbediente ai quattro sogni (Cfr. Mt 1,20-21; Mt 2, 13; Mt 2, 19-20; Mt 2, 22-23) che, pian piano, gli svelarono i passi che dovette compiere per custodire il progetto di salvezza di Dio e che gli donarono il coraggio necessario ad affrontare la sua vocazione. Egli, attraverso questi sogni, rinuncia all’idea e ai programmi che aveva pensato per la propria vita chinandosi così pienamente al volere del Creatore. Ecco perché la Scrittura lo definisce come «uomo giusto» (Mt 13, 55) ovvero uomo attento all’ascolto e alla pratica della Parola di Dio.

Da quello che conosciamo grazie ai Vangeli, possiamo immaginare che San Giuseppe amava profondamente la sua sposa Maria, anche se questo non è espresso in modo esplicito. Se infatti così non fosse, se non ci fosse quest’amore di fondo, non si spiegherebbe in primo luogo il paradosso della scelta Divina di far incarnare il Figlio di Dio in una famiglia non animata dall’Amore e in secondo luogo non avrebbe senso il tormento interiore che Giuseppe dovette affrontare dopo esser venuto a conoscenza della gravidanza inaspettata di Maria, sua sposa.

Sicuramente questo tormento non è dettato soltanto dalla sua giustizia visto che la Legge Mosaica gli permetteva, senza alcun problema, il ripudio. Più che altro, questo turbamento  è dovuto alla fiducia che Giuseppe riponeva nella sua Sposa. Fiducia che lo mette in crisi: credere a Maria e alla storia che essa racconta oppure seguire la Legge dei Padri? Questo tentennare non è forse un segno d’Amore? Se togliessimo l’Amore di fondo, perderebbe senso quel: «poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (Mt 1, 19). 

Non è quindi azzardato pensare che Giuseppe e Maria si amassero veramente e profondamente e che avessero un serio progetto di vita insieme. Così come non è assurdo pensare che tutto quello che riguarda l’obbedienza di Maria, intesa come qualità umana, sia attribuibile anche a Giuseppe. 

Sappiamo che a quell’epoca i matrimoni avevano una dinamica di scelta molto diversa da quella che siamo abituati a vivere adesso, tuttavia non possiamo trascurare l’ipotesi che si “pianificassero” matrimoni con alla base un feeling che potesse, in qualche modo, garantirne una durata stabile e serena. 

Giuseppe e Maria sono chiamati a ruoli diversi all’interno dello stesso progetto, sono creati in modo diverso, tuttavia condividono gli stessi principi di vita e le stesse idee di Fede. Così dice il Papa: «In ogni circostanza della sua vita, Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat”, come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani» (Patris Corde, 3).Potremmo tranquillamente dire che ci sono caratteristiche comuni all’interno della Santa Famiglia.

Ma non vorrei divagare, è opportuno tornare all’obbedienza di Giuseppe. 

Il Papa ci ricorda anche un altro aspetto dell’obbedienza di Giuseppe, quello prettamente relativo alla Legge Mosaica di cui prima accennavo nella questione del ripudio e che può tornare a far chiarezza sul concetto precedente. Infatti, entrambi i genitori di Gesù hanno dimostrato molta attenzione a quelle che erano le prescrizioni della Legge circa i riti della circoncisione o della purificazione dopo il parto o ancora dell’offerta del primogenito a Dio (Patris Corde, 3). Questo ci fa comprendere come Giuseppe – e quindi anche Maria – fossero persone dalla Fede integra, calorosa e soprattutto autentica.

Essi muovono i loro passi guidati da quelle manifestazioni soprannaturali che svelano loro i fatti prodigiosi della Salvezza, ma non si insuperbiscono per questo, anzi rimangono fedeli a quella fede che li ha resi degni – nel caso di Giuseppe – e che li ha preparati – nel caso di Maria – ad accogliere il Messia atteso dalle genti. 

Giuseppe è quindi emblema dell’obbedienza cieca ed incondizionata al progetto di Dio. A tratti obbedienza anche a ciò che non comprendeva, ma egualmente accoglieva e compiva. In altre parole è esempio di obbedienza alla vocazione che Dio istilla nel cuore dell’uomo, anche quando questa vocazione va in contraddizione con quelli che sono i nostri piani e la logica umana. In questo caso potremmo dire che il motto di San Giuseppe è: “Il progetto di Dio prima di tutto! / La Vocazione al primo posto!”.

Ma come raccordare tutto questo con la vita di San Francesco di Paola? Non mi sembra di vaneggiare quando penso di poter affermare che San Giuseppe è emblema dell’obbedienza alla vocazione donata da Dio e che San Francesco di Paola ne è il più fedele seguace e attento imitatore.

Come prima accennavo, non abbiamo strumenti diretti che ci raccontano in modo preciso l’esperienza spirituale personale di San Francesco. Ma anche se non abbiamo un racconto dei quattro sogni, così come avviene nel Vangelo per San Giuseppe, possiamo immaginare che, come per lui, anche per S. Francesco ci siano stati quattro sogni nella storia della sua vocazione. Questa convinzione si rafforza alla luce delle quattro volte in cui il Paolano ha dovuto abbandonare la propria volontà, il proprio progetto di sequela di Dio, per abbracciare un progetto più grande che gli veniva ispirato dallo Spirito Santo.  

[Continua…] 

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.

“Come due binari: paralleli e concordi”

Una serie di riflessioni su San Giuseppe e San Francesco di Paola

Con l’otto dicembre duemila ventuno si conclude uno speciale anno di riflessione sulla figura di San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Padre putativo di Gesù. Un anno fortemente voluto da Papa Francesco per commemorare il centocinquantesimo anniversario della elevazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa Universale[1]

Nel documento di indizione di quest’anno giubilare, la Lettera Apostolica Patris Corde, il Santo Padre torna a tratteggiare in modo semplice ma efficace l’importante figura di San Giuseppe che si arricchisce così di nuovi punti di vista sui quali potersi soffermare a meditare. La novità di questo documento non è tanto dogmatica, nel senso che non si aggiunge nulla in più di quanto non fosse già contenuto nella Tradizione e nella Fede della Chiesa, ma piuttosto espositiva. Il Santo Padre, infatti, ci tratteggia San Giuseppe alla luce del Vangelo e del Magistero grazie a delle “categorie” che rispecchiano i bisogni e la mentalità dell’uomo di questo tempo. 

Egli lo identifica come: Padre amato, Padre nella tenerezza, Padre nell’obbedienza, Padre nell’accoglienza, Padre dal coraggio creativo, Padre lavoratore e Padre nell’ombra

Sette “titoli” che ci permettono di riflette, nel concreto dell’esperienza dei nostri giorni, su quell’«uomo giusto» (Mt 13, 55) che fu scelto da Dio come custode del suo disegno di salvezza e come educatore e tutore, davanti agli uomini, del suo Divin Figlio.

Leggendo il testo della Lettera Apostolica Patris Corde e soffermandosi su questi sette nuovi tratti identificativi dello Sposo di Maria, un cuore minimo non può non trovare delle assonanze con il fondatore dei Minimi, San Francesco di Paola. Eppure, per chi è più attento e magari dedito alla sua storia e ai documenti che consentono di ricostruirla, c’è un qualcosa che stona, che non quadra. Infatti, ripercorrendo un po’ tutte quelle che vengono chiamate le fonti minime[2] non si trova mai citato, in modo diretto o indiretto, il nome di San Giuseppe. 

Questo potrebbe essere normale se consideriamo che il Santo Paolano non ha lasciato dei trattati spirituali ben definiti che ci raccontano la sua personale esperienza di fede. Ed altrettanto normale può sembrare se si considera che la spiritualità minima non possiede, fin dal suo principio, una struttura ben ordinata. Con ciò intendo dire che nei primi documenti che si rinvengono riguardanti l’Ordine ci si occupa, per lo più, della Regola e delle cose strettamente essenziali alla strutturazione della nascente realtà dei Minimi[3]

Tutto il bagaglio spirituale “minimitano”, che raccoglie l’esperienza di Fede del Fondatore e dei suoi primi seguaci, si è ordinato e raccolto pian piano, nei periodi successivi fino ai giorni nostri in cui si vanno aggiungendo nuovi studi che mettono in luce altrettanti nuovi aspetti di questa spiritualità ancora viva. 

Se dunque si parte da queste due considerazioni, il fatto che San Giuseppe non sia mai citato può non destare sospetto. Se invece si guarda la questione da un altro punto di vista, quello più popolare, potrebbe nascere una seria domanda: “Ma allora San Francesco di Paola non era devoto di San Giuseppe? Non lo ha considerato come esempio di Fede? Non nutriva verso di lui ammirazione?”.

Alla luce di quanto ci siamo detti, comprendiamo che non è possibile dare una risposta a questa domanda, ovvero non è possibile fare affermazioni di assoluta smentita o di perentoria conferma. Tuttavia possiamo trarre dalle fonti alcune piccole notizie che ci aiutano a ipotizzare che San Francesco di Paola non abbia totalmente ignorato lo Sposo di Maria. 

Proverò a spiegare queste piccole informazioni in un’altra riflessione[4], poiché ciò che mi preme principalmente – motivo per cui nasce questa serie di brevi riflessioni – è sottolineare come San Giuseppe e San Francesco di Paola possano essere immaginati alla stregua di due binari che corrono paralleli verso una medesima meta. Due binari paralleli che per essere percorribili devono necessariamente essere anche concordi tra loro. Ovvero entrambi devono seguire le stesse inclinazioni e le medesime curve altrimenti sarebbero impraticabili per qualsiasi mezzo; più che impraticabili, oserei dire, inutili. Ma questo non è il nostro caso. 

Non che San Francesco possa essere considerato una copia identica del Padre putativo di Gesù. Non è cosi e non potrebbe esserlo, ma piuttosto cercando bene possiamo trovare diversi punti, appena appena evidenti, che ne uniscono la vita e soprattutto l’esperienza di fede.

Possiamo immaginarli entrambi aggrappati ad un unico bastone, simbolo della fortezza ma anche della custodia, mentre guardano verso un’unica meta, il dolce Gesù, che per entrambi è stato unico motivo di vita.

Comprendo che qualcuno potrebbe essere reticente ad accettare quest’immaginazione. Come, dunque, imbastire la riflessione? La cosa non è molto complessa. Infatti, anche se San Francesco di Paola nella sua vita di fede, in base ai documenti che oggi conosciamo, non si è ispirato e riferito direttamente a San Giuseppe, grazie a questi nuovi punti di vista che Papa Francesco ci ha donato, possiamo comprendere come ci sia in entrambi un muoversi in simbiosi, un agire nello stesso modo alla sequela del progetto di Dio e alla volta dell’ascolto e compimento della Parola Divina. 

Credo sia allora opportuno domandarsi quali sono i titoli che ci possono permettere di porre queste due figure in parallelo. Dalla mia riflessione ne ho estratti cinque che penso possano essere significativi: Padre nell’obbedienza (I), Padre nell’accoglienza(II), Padre nel coraggio creativo(III), Padre nella tenerezza (IV) e Padre amato(V)

Vi auguro una buona lettura e spero che questi spunti di riflessione possano essere proficui per la propria personale devozione e crescita spirituale. 

[Continua…] 

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.


[1] San Giuseppe è stato dichiarato Patrono della Chiesa Universale, dal Beato Pio IX, con Decreto della Sacra Congregazione dei Riti (Quemadmodum Deus), del 8 Dicembre 1870. 

[2] Con “Fonti Minime” si intende la raccolta di tutti i documenti riguardanti San Francesco di Paola e la fondazione dell’Ordine dei Minimi. Ci riferiamo quindi: alle lettere e alle Regole scritte da San Francesco di Paola ma anche ai Processi per la sua canonizzazione e alle prime agiografie scritte dai suoi contemporanei. Tutti quei documenti che ci raccontano, in modo implicito ed esplicito, la nascita e i primi passi dell’Ordine dei Minimi. Un’edizione recente di queste fonti è stata curata da P. Giovanni Cozzolino o.m.: Alla sorgente del carisma di San Francesco di Paola, Edizioni Minime, Lamezia Terme 2002.

[3] Su quest’aspetto corre l’obbligo porre l’asterico poiché tali informazioni le dobbiamo riferite alle fonti minime ad oggi conosciute. Potrebbero, infatti, esserci degli altri documenti che al momento sono non conosciuti e che potrebbero mettere in luce delle altre verità più precise.

[4] Intitolata “La luminossissima festa del Natale”.

Programma Natale-Epifania

Dal 16 al 24 dicembre – NOVENA di NATALE
SS. Messe ore 8, 10, 12, 18.
Giorni feriali
Ore 17: S. Rosario e Vespri; canto delle Profezie e liturgia natalizia
Domenica
Ore 17: S. Rosario, canto delle Profezie e liturgia natalizia

Domenica 19 dicembre
Ore 20: Concerto “I profumi del Natale” – dal progetto “Il DIALOGO nei
Profumi dell’arte” e dal Rapporto interreligioso per la Pace – VII Edizione.
Coro ARS NOVA – Beato Angelico della Minerva, direttore M° Valentina Rivis e
PUERI SYMPHONICI ORCHESTRA, direttore: M° Lorenzo Lupi.

Lunedì 20 dicembre
Commemorazione del Venerabile P. Bernardo M. Clausi dei Minimi
SS. Messe ore 8, 10, 12, 18.

Giovedì, 24 dicembre – VIGILIA di NATALE
SS. Messe ore 8, 10, 12, 18, 24.
Ore 23.30: Preghiera dell’Ufficio delle Letture e canto della tradizionale “kalenda”.
Ore 24: S. Messa della Notte di Natale

Sabato, 25 dicembre
SOLENNITà del NATALE del SIGNORE
SS. Messe ore 10, 12, 17.30, 19.
(La messa delle ore 8 è sospesa)

Domenica, 26 dicembre – Santa Famiglia di Nazareth
SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30, 19.

Lunedì, 27 dicembre – Giornata Mariana
SS. Messe ore, 8, 10, 12, 18.
La Supplica sarà recitata ad ogni S. Messa
Ore 17.10: Ora di Guardia (Rosario della Conversione) – Supplica e S. Messa

Venerdì, 31 dicembre – Solennità della Dedicazione
della nostra Basilica
SS. Messe ore, 8, 10, 12, 18
Ore 17.10: S. Rosario e canto dei Primi Vespri nella Solennità della Madre di Dio.
Ore 18: S. Messa festiva e canto del Te Deum di fine anno.

Sabato, 1 gennaio – Maria SS.ma Madre di Dio
SS. Messe ore 10, 12, 17.30, 19
(La messa delle ore 8 è sospesa)
Ore 17.10: Canto del Veni Creator e dei Secondi Vespri della Madre di Dio.

Giovedì, 6 gennaio – Solennità dell’Epifania
SS. Messe ore 8, 10 (messa dei bambini), 12, 17.30, 19.
Ore 9.30: Inizio della processione dei Magi da P.zza Mignanelli alla nostra Basilica:
santa messa delle ore 10 con offerta dei doni al Signore da parte dei bambini.
Portate i vostri bambini!

Venerdì, 7 gennaio
Inizio della Pia Pratica dei 13 venerdì in onore di S. Francesco di Paola
(vedi programma a parte)

Domenica, 9 gennaio – Battesimo di Gesù e
chiusura del Tempo di Natale
SS. Messe ore 8, 10, 12, 17.30, 19.


Ogni mercoledì
Ore 18.40: Il Vangelo domenicale, a cura di Gianni De Luca.
Ogni giovedì
Ore 18:40: Adorazione Eucaristica comunitaria

Orario SS. Messe
Dal lunedì al sabato: 8, 10, 12, 18
Domenica: 8, 10, 12, 17.30, 19

PROGRAMMA DELLA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 29 – 8 DICEMBRE 2021

Dal 29 novembre al 7 dicembre
Novena all’Immacolata Concezione: Ore 17.10 (domenica ore 18.30):
S. Rosario meditato, Vespri e novena all’Immacolata.

Martedì 30 – Solennità di Sant’Andrea
Ore 18: Concelebrazione Eucaristica presieduta da
S.Ecc.za Mons. Daniele Libanori.
Segue atto di affidamento della parrocchia al santo patrono
e venerazione del frammento della Croce dell’Apostolo.

Giovedì 2
Al termine della messa delle 18:
Adorazione Eucaristica “Sulle orme di Santa Bernadette”

Domenica 5
Ore 12: S. Messa con benedizione del presepe.

Lunedì 6
Al termine della messa delle 18: Catechesi Aspetti teologici e spirituali
del dogma dell’Immacolata Concezione.

Martedì 7
Ore 18: Messa presieduta da Mons. Paolo Ricciardi,
Vescovo Ausiliare della Diocesi di Roma
Delegato del Centro per la Pastorale sanitaria.

Mercoledì 8
Solennità dell’Immacolata Concezione
SS. Messe ore 7, 8, 9, 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19.30.
Ore 8: S. Messa parrocchiale e al termine,
omaggio floreale all’Immacolata.
Ore 12: S. Messa presieduta da S.Em.za. Rev.ma Card.
Ennio Antonelli, Titolare della Basilica.
Ore 18: S. Messa presieduta da S.Ecc.za Rev.ma Mons.
Andrés Gabriel Ferrada Moreira, Segretario della
Congregazione per il Clero.

Avvento: tempo di Maria, tempo del Cristiano

L’uomo, da sempre, ha avuto bisogno di indicazioni e di punti di riferimento, soprattutto quando ha deciso di intraprendere cammini ardui. Lo sanno bene i navigatori e tra questi coloro che iniziarono l’arte del saper navigare. Quando la barca è sospesa tra il buio del mare e il buio della notte tutto sembra giunto al ciglio della fine e ogni cammino può apparire come perduto ed in preda al pericolo. Non fu così per alcuni che ebbero il coraggio di alzare lo sguardo e impararono la geometria del cielo che li guidò fino alla meta sospirata. Le stelle: un dono di Dio, una risorsa per l’uomo.

Anche l’Avvento, in qualche modo, può essere paragonato ad un tempo buio in cui bisogna sapersi muovere. L’Avvento: un’annuale opportunità per ricominciare il cammino, attendere la luce della grotta e il vagito del Neonato che avranno il calore e il suono di una rinnovata concreta speranza di salvezza, di una rinnovata speranza di conversione.

Dunque, come muoversi nell’Avvento in attesa che risuoni il gloria natalizio? Come navigare tranquilli verso questa meta senza il timore che le sirene adulatrici dei luminosi festoni e della smania di shopping convulsivo pre-natalizio ci possano distrarre dal vero senso di tutto? [questo pericolo è sempre in agguato e cresce d’anno in anno insieme alle esigenze commerciali] Domanda dalla semplice risposta: bisogna alzare lo sguardo al cielo e guardare la stella che brilla di più, la stella che con il suo ascolto ha riconfigurato il cammino di coloro che cercano Dio: la Vergine Maria, fanciulla dell’ascolto e Signora dell’Avvento.

Scrisse San Bernardo di Chiaravalle in una sua orazione: “O tu che sei immerso nelle vicissitudini della vita e, più che camminare sulla solida terra, hai l’impressione di essere sballottato fra tempeste e uragani: se non vuoi finire travolto dall’infuriare dei flutti, non distogliere lo sguardo dal chiarore di questa stella! Se insorgono i venti delle tentazioni, se t’imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria! Se vieni assalito dalle onde della superbia, dell’ambizione, della calunnia, dell’invidia, della gelosia: guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira, l’avarizia o le lusinghe della carne scuotono la navicella della tua anima: guarda la stella, invoca Maria […]”.

Maria può comprenderci perché più di ogni altra persona è stata la donna dell’attesa: ha vissuto prima l’attesa del Messia, così come la sua fede ebraica le aveva insegnato a fare; a questa, quando è subentrato lo sconvolgimento dell’annuncio, si è aggiunta l’attesa legata al lungo viaggio da Nazareth fino a Ain Karem (villaggio a Sud di Gerusalemme dove la tradizione colloca la casa di Zaccaria) per aiutare la cugina Elisabetta nell’ultimo tratto di quella inaspettata e miracolosa gravidanza; poi i mesi della gestazione che per ogni donna sono l’emblema dell’attesa dolce e piena di apprensione; ed ecco il parto, in condizioni disagevoli e poi la fuga verso una terra che potesse garantire sicurezza, l’attesa di una quotidianità che assicurasse serenità. La crescita di Gesù in età, sapienza e grazia (cf. Lc 2, 52) l’ha poi condotta a quell’ultima attesa che l’ha accompagnata per tutta la vita: quella del compimento delle promesse divine sulla redenzione. Solo poche pennellate che ci fanno comprendere come non possa esistere cristiano che meglio della Vergine Maria sappia parlarci dell’attesa e farci comprendere che  il trepidare dell’attesa è un sentimento del credente fin dalle origine prime del cristianesimo.

Ma cosa cogliere da questo? Anzitutto che Maria ha saputo riconoscere ed attendere ma soprattutto ha saputo rinnegare le proprie aspettative e la propria immagine divina per abbracciare le aspettative di un annuncio e di un Neonato, per abbracciare l’immagine di un Dio che non pensa e non agisce così come le avevano insegnato ad attendere ma che gattona per casa, che fa i capricci, che la aiuta nella gestione della casa, che gioca in cortile con gli altri adolescenti di Nazareth, che va a scuola e che impara dal padre, Giuseppe, un mestiere quello del falegname. (cf. P. Curtaz, Maria con i piedi per terra, San Paolo, Cinisello Balsamo 2015, 97 e ss.)

L’Avvento è tempo di preparazione all’arrivo di Dio nella nostra vita e Maria in questo è maestra. Se seguiremo il suo esempio allora questo tempo non sarà sterile, ma ci permetterà di curare il nostro cuore, ci porterà ad ararlo con dedizione e disossarlo dai macigni del peccato perché possa accogliere  e custodire  il seme da cui spunterà il germoglio che porterà frutti. Ne porterà in abbondanza e soprattutto saranno frutti di Dio e non della zizzania.

Quali dunque le due caratteristiche da cogliere in Maria e da mettere in pratica? Ce le dice direttamente Gesù:

«Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”» (Lc 11, 27-28).

Ecco a cosa serve l’Avvento, ecco cosa trarre dall’esempio di Maria per esercitarsi in questo tempo. Due verbi: ascoltare e osservare/mettere in pratica. L’Avvento dev’essere scuola di ascolto e di perseveranza. Questo ha fatto Maria: ha prestato ascolto all’annuncio dell’angelo Gabriele e alla voce di Dio che gli giungeva per suo tramite e lo ha messo in pratica nella perseveranza della Fede. Senza questi due verbi non può esistere il cristiano.

Dunque in questo tempo, neanche tanto lungo, bisogna porsi nell’atteggiamento dell’ascolto che necessariamente esige il silenzio dell’anima. Cos’è? È il far tacere tutto ciò che turba il nostro cuore e che ci distrae dalla ricerca del nostro “centro di gravità permanente” ovvero Dio. San Francesco di Paola, nella Regola scritta per i laici che vogliono seguire la spiritualità penitenziale, parlando del modo pratico con cui attualizzare la vita penitenziale, ai Terziari che devono professarla nel quotidiano e che quindi sono esortati ad essere sempre più amici di Dio, scrive: “Mundi… rumores… salubriter respuatis”, fuggite/rigettate/allontanate/sdegnate in modo salutare i vuoti fasti del mondo/i rumori del mondo. (San Francesco di Paola, Regola del Terz’Ordine, cap. IV n. 12). Questo è il genere di silenzio necessario ad una preghiera che possa essere dialogo e non soltanto una lista della spesa. Dunque ascoltare è la chiave dell’Avvento, ascoltare ed attendere. Questo può avvenire soltanto nella preghiera che diviene anche luogo di perseveranza: bisogna perseverare prima nello spirito e poi nella pratica quotidiana.

È la preghiera quel “di più” che può fare la differenza e ci può donare una vera rinascita nel mistero di Dio. Fuori dalla preghiera autentica non esiste possibilità di ascolto sincero di Dio.

Sforziamoci in questo periodo di impegnarci in un preghiera che sappia essere luogo di incontro e dialogo con Dio ed anche luogo di attesa di un Dio che si presenterà a noi non come vogliamo immaginarlo noi, ma con le fattezze che gli sono proprie.

A voi tutti un buon cammino di Avvento nella preghiera, nell’ascolto e nella perseveranza.

Fr. Fabrizio M. Formisano o.m.

Festa della Medaglia Miracolosa

Dal 18 al 26 novembre
NOVENA ALLA B.V.M. DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA
Ore 17.10: S. Rosario, vespro, novena e S. Messa

Domenica 21
Ore 20: Concerto Mariano eseguito dai cori ARS NOVA
Beato Angelico della Minerva. Direttore del coro: Valentyna Rivis. Accompagnamento musicale: Tetyana Rivis

Lunedì 22
Ore 18: S. Messa presieduta da P. Martin Badiane S.P.

Martedì 23
Ore 18: S. Messa presieduta da P. Paul De la Morinière, rettore della chiesa della Santissima Trinità dei Monti.

Mercoledì 24
Ore 18: S. Messa presieduta da P. Rory Hanly S.A.C. A seguire: Lectio Divina domenicale

Giovedì 25
Ore 18: S. Messa presieduta da P. Juri Leoni O.F.M. A seguire: Adorazione EucaristicaMariana

Venerdì 26
Ore 18: S. Messa presieduta da P. Federico Lombardi SJ. A seguire: Catechesi sulla Medaglia Miracolosa

27 NOVEMBRE

SS. Messe ore 7, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17, 18.

La Supplica sarà recitata in tutte le S. Messe.

Ore 18: Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da S.E.R. Card. Luis Antonio Gokim Tagle, Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. La S. Messa sarà animata dal Coro Vergine del Miracolo, diretto dal Maestro Alessia Galli.

Ore 19: Processione con il venerato Quadro della Madonna del Miracolo fino a Piazza Mignanelli. Recita del Rosario della Conversione e ritorno in basilica .

Domenica 28
SS. Messe ore: 8, 10, 12, 17.30, 19

Ore 16: Consacrazione dei bambini alla Madonna del Miracolo

Appuntamenti del mese di novembre

Lunedì, 1 novembre
Solennità di Tutti i Santi
SS. Messe festive: ore 8, 10, 12, 17.30 e 19

Martedì, 2 novembre                  
Commemorazione dei fedeli defunti
SS. Messe per i defunti: ore 8, 10, 12, 18

Mercoledì, 3 novembre              
Commemorazione dei defunti dell’Ordine dei Minimi
SS. Messe per i defunti: ore 8, 10, 12, 18

Venerdì, 5 novembre                   
Festa dei santi le cui reliquie sono venerate nella nostra Basilica

Domenica, 7 novembre              

LXXI Giornata Nazionale del Ringraziamento:
“Lodate il Signore dalla terra (…) voi, bestie e animali domestici” (Sal 148,10)

Martedì, 9 novembre                  
Dedicazione della Basilica Lateranense

Sabato, 13 novembre                  
Inizio del cammino di Consacrazione alla Madonna del Miracolo
ore 18.40: Catechesi a cura di P. Taras Yeher. Se intendi consacrarti, chiedi informazioni in sacrestia

Domenica, 14 novembre            
V Giornata Mondiale dei Poveri: “I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7)

Martedì, 16 novembre                
Memoria liturgica di San Giuseppe Moscati
ore 17.10: S. Rosario animato dal Gruppo di preghiera parrocchiale “S. Giuseppe Moscati”

Giovedì, 18novembre                  
Inizio della Novena della Medaglia Miracolosa
(Vedi programma a parte)
Oggi ricordiamo anche il pio transito del Venerabile P. Bonaventura Gaona (1598-1643) dei Minimi, sepolto nella nostra basilica. Preghiamo per la sua glorificazione.

Sabato, 20 novembre                  
Giornata delle claustrali
ore 17.10: S. Rosario animato dal Gruppo di preghiera parrocchiale “S. Pio da Pietrelcina”.
ore 18.00: S. Messa e consacrazione alla Vergine Ss.ma del Miracolo di coloro che hanno terminato il cammino di preparazione.

Domenica, 21 novembre            
Solennità di Cristo Re dell’universo
Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del clero

Sabato, 27 novembre                  
FESTA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA
(Vedi programma a parte)

Domenica, 28 novembre            
I Domenica di Avvento
ore 16.00: S. Rosario dei bambini e loro consacrazione alla Madonna del Miracolo

Martedì, 30 novembre                
Solennità di Sant’Andrea Apostolo, Titolare e Patrono della Comunità
ore 18: Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. Ecc. Rev.ma Mons. Daniele Libanori con i Rettori delle chiese del territorio parrocchiale. Atto di affidamento della Parrocchia al Santo Patrono e venerazione del frammento della Croce dell’Apostolo Sant’Andrea.