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Tag: riflessioni minime sulla quaresima

Martedì IV Settimana  di Quaresima – 21 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Ez 47, 1-9.12; Sal 45 (46))

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 5, 1-16)

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.

Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.

Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.

Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Riflettiamo insieme

Entrando in confidenza con la parola di Dio, ci rendiamo conto di come eventi apparentemente straordinari siano in realtà modi con cui Dio ha accompagnato il suo popolo durante l’intero corso della storia della salvezza. 

In primo luogo, si scopre che Dio è sempre in cammino per cercare l’uomo disperso nei meandri dell’esistenza e del vivere le preoccupazioni quotidiane. Dio sale a Gerusalemme, città nel cui tempio vi era il Sancta Sanctorum, per rivelare la sua presenza e offrire il dono della comunione con Lui a tutti noi. Cristo si avvicina all’uomo, al suo cuore e alla sua coscienza, luoghi in cui Egli rivela la sua presenza. Si avvicina per interrogare la nostra libertà e la nostra volontà. 

La sua azione non è un semplice concederci la possibilità di respirare in un momento di ristoro dalla fatica. Cristo ci ridà la vita stessa, immergendoci nell’immensità della sua misericordia e infondendoci lo Spirito Santo che ci insegna a rovesciare, cioè a convertire, il nostro paradigma di vita. Ci insegna a prendere il nostro lettuccio, le nostre fatiche e i nostri pesi e a portarli coraggiosamente. Ci dà la possibilità di consegnare a Lui in nostro peccato per camminare speditamente nella libertà dei figli di Dio.

Preghiamo insieme

Signore Gesù, io credo che tu sei il Dio della mia salvezza, il Signore della mia vita, donami di fidarmi totalmente di Te e della tua Parola. Amen.

Lunedì – Solennità di  S. Giuseppe – 20 Marzo 2023

Liturgia della Parola (2Sam 7, 4-5a.12-14a.16; Sal 88 (89); Rm 4, 13.16-18.22)

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1, 16.18-21.24a)

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Riflettiamo insieme

Sin dai primi secoli, diversi Padri di lingua greca (quella del Vangelo) nonché altri contemporanei (K. Rahner, Léon-Dufour…) hanno recepito questo brano in modo molto diverso da quello a cui siamo abituati: è infatti possibile (preferibile?) una traduzione alternativa grazie alla quale san Giuseppe da uomo “dubbioso” ci è presentato quale immediatamente disposto a credere alla notizia dell’Annuncio, timoroso però di sposare Maria per non assumersi una paternità “falsa” (e l’angelo quindi lo rassicurò sul fatto che tale gesto non costituisse peccato).

Siamo così spinti a riflettere su un elemento importante della nostra fede cristiana: san Giuseppe poté accogliere in modo maturo una simile rivelazione solo perché aveva fatto lui per primo esperienza del Dio vivente nella sua vita: possa lo Spirito Santo insegnarci a discernere la potenza del Signore operante in noi per saperlo riconoscere quando la Sua bontà va oltre i nostri schemi e i nostri desideri.

Preghiamo insieme

Signore, sii con me nella prova, 

apri i miei occhi e donami una fede salda affinché nulla mi faccia dubitare del Tuo infinito amore di Padre. Amen.

IV Domenica di Quaresima – 19 Marzo 2023

Liturgia della Parola (1Sam 16, 1b.4.6-7.10-13; Sal 22 (23); Ef 5, 8-14)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 9, 1-41)

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: Va’ a Sìloe e làvati!. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Riflettiamo insieme

Di chi è la colpa? Stiamo sempre lì a voler capire chi colpevolizzare quando si vive una situazione buia come quella del cieco nato. 

Facci caso, quando nella difficoltà riflettiamo sul perché siamo così, la colpa o è nostra o è dei nostri genitori. I figli solitamente accusano i genitori per questo o per quell’altro motivo. Poveri padri e povere madri che non possono avere il lusso di essere umani. 

Noi figli vediamo i genitori come degli invincibili e per questo che perdoniamo loro poco, ma non ci rendiamo conto che a loro volta anche essi sono figli e hanno bisogno di crescere e di sbagliare. E noi passiamo le ore, i giorni, gli anni a dare colpe e non capiamo che quella situazione buia è proprio il luogo dove si manifesta la gloria di Dio. È questo che dirà Gesù ai suoi discepoli. Il cieco incontrando Cristo vedrà perché la luce è entrata nel suo buio. 

Preghiamo insieme

La luce di Cristo entri negli angoli bui del nostro cuore perché abbiamo bisogno di vedere la gloria di Dio nella nostra storia. Amen.

Sabato III Settimana di Quaresima – 18 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Os 6, 1-6; Sal 50 (51))

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18, 9-14)

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:

«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.

Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Riflettiamo insieme

Quando ci crediamo giusti siamo lontani da Dio. Gesù è venuto a insegnarci l’umiltà, a riconoscere, amare e stare al nostro posto, che Dio ci ha assegnato nel Suo disegno. 

A Dio non interessa la nostra “bravura” ma un cuore che ascolti e cerchi Lui. A quel punto Lui può donarci ciò che è necessario per vivere e per presentarci al suo cospetto. 

Occorre coraggio per stare davanti a Dio, riconoscendo che siamo peccatori, cioè non siamo in grado di comprendere il suo pensiero, e prendendo bene tutto ciò che ci arriva, il bene come il male.

Preghiamo insieme

Padre, abbi pietà di me peccatore: non sono degno di presentarmi davanti a te, ma confido nell’amore di Cristo che si è offerto per aprire a tutti gli uomini l’ingresso nel Tempio della comunione con Te.

Venerdì III Settimana  di Quaresima – 17 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Os 14, 2-10; Sal 80 (81))

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12, 28b-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Riflettiamo insieme

Amare vale più di tutti i sacrifici e gli olocausti che l’uomo può offrire a Dio. Se si comprende questa verità, ci assicura Gesù, che non si è lontani dal regno di Dio. 

Il nostro più grande problema è che oggi la parola amore è diventata tutto e il contrario di tutto. La troviamo scritta in ogni dove, che risuona in ogni paio di cuffie, riempita di ogni tipo di significato. Il risultato è che non sappiamo più amare e scambiamo tutto per amore, anche ciò che non lo può essere in modo assoluto. 

Quei pochi che, invece, riescono a mantenere il significato autentico della parola amore sono fraintesi, schivati, denigrati perché accettano le conseguenze del loro amore. Questo perché hanno compreso che l’amore non è mellifluo, non è alla ricerca della sua sola felicità, non è solo godimento. L’Amore è Gesù che pende dalla Croce, Gesù che dà la vita perché gli altri possano sperimentare l’amore e giungere alla vita vera. Amare secondo questo metro vuol dire amare con l’Amore di Dio.

Preghiamo insieme

Signore Gesù, donami di imparare dalla tua Croce il vero significato della parola amore. Donami di non perdere mai questo significato e di essere testimone d’amore per gli altri. Amen. 

Giovedì III Settimana di Quaresima – 16 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Ger 7, 23-28; Sal 94 (95))

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11, 14-23)

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.

Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.

Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

Riflettiamo insieme

Nella società semitica “il dito di Dio” era il simbolo della potenza di Dio e del suo Spirito. Spesso si pensava (e purtroppo si pensa ancora), sbagliando, che tramite questa forza si abbattevano sui popoli le calamità e le piaghe come quelle di Egitto. Gesù nell’indicare se stesso come la Presenza di Dio in mezzo al popolo è il vero miracolo, così facendo Egli rivela che la mano del Signore con cui ci raggiunge non è per colpire, ma per liberarci dalle catene del maligno che ci vuole tenere schiavi. È per accarezzarci e guarirci ricreandoci dal di dentro e restituendoci a noi stessi. 

Chi è per il Signore “crede nell’amore di Dio, il più grande tesoro donato all’umanità, e fugge il peccato, la più grande disgrazia della storia (S. Giovanni Paolo II). Essere contro Cristo vuol dire rimanere nella nostra incredulità o cercarlo nei segni o negli indizi, mentre lo si può vivere nella realtà della vita quotidiana. Sta a noi scegliere se disperdere o raccogliere, o meglio, raccoglierci nella certezza che la sua è una mano “che non giudica, ma è la mano misericordiosa del Padre”.

Preghiamo insieme

Ottienimi, Signore, di credere nel Tuo santo Amore e di vincere le catene maligne che mi circondano con la Tua santa Grazia. Amen.

Mercoledì III Settimana di Quaresima – 15 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Dt 4, 1.5-9; Sal 147)

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 17-19)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Riflettiamo insieme

“Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza” (Os 4,6). I Padri della Chiesa hanno insistito sul come non si possa realmente amare ciò che non si conosce.

Frederick William Faber, un teologo del XIX° secolo, disse che “amare significa volere il bene della persona amata”. Se ciò è vero, dunque, da parte nostra, dobbiamo imparare a bramare la salvezza, ancor prima che per noi stessi, per il semplice fatto che Dio la desidera. E per farlo dobbiamo imparare a credere!

Da parte Sua, il Signore conosce meglio di noi stessi la nostra debolezza, ma sa altrettanto bene quanto potremmo darGli ed è per questa ragione (perché ci ama davvero!) che intende strapparci alla mediocrità e farci veramente felici, e a tale scopo ci ha donato la Bibbia, con la quale vuole farci innamorare di Lui.

Chi osserverà i Suoi precetti sarà considerato grande nel regno dei cieli perché già vive di essi e sperimenta nel suo intimo la verità nella quale un giorno sarà immerso. Ma potremo conoscere il vero Cuore di Dio senza conoscere l’insegnamento della Bibbia?

Preghiamo insieme

Ottienimi, Signore, di incontrarti nella tua parola affinché conoscendoti, ti ami, e amandoti voglia conoscerti sempre di più!

Martedì III Settimana diQuaresima – 14 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Dn 3, 25.34-43; Sal 24 (25))

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”.  Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.

Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Riflettiamo insieme

Siamo particolari. Ci facciamo i conti soprattutto quando ci conviene. È il caso del perdono che quando lo dobbiamo ricevere deve essere illimitato, ma quando siamo noi a darlo deve essere contato. 

D’altronde noi siamo sempre quelli buoni, quelli che ci mettono il cuore e quando qualcuno ci offende, quel nostro cuore ferito è poco propenso ad aprirsi al perdono. E allora ci facciamo i calcoli e quel nostro modo di fare non è tanto lontano da quello di Pietro che credendo di tenersi largo propone un perdono che arrivi fino a sette volte. Ma Gesù dà ancora più i numeri e fa capire che nel perdonare bisogna perdersi e che occorre tenere in conto piuttosto l’atteggiamento di Dio nei nostri confronti. 

La verità è che facciamo fatica a perdonare perché non ci sentiamo dei perdonati! D’altronde noi siamo quelli buoni, sono sempre gli altri a fare il male… Ma uno solo è sempre Buono e non siamo né io né tu. Sentiamoci dei perdonati e saremo in grado di perdonare senza fare i conti a nessuno.

Preghiamo insieme

Signore Gesù, donami di abbandonare il modo di misurare umane per imparare quello divino. Donami di imparare a perdonare e ad amare con la stessa misura che tu hai usato sulla croce. Amen.

Lunedì III Settimana diQuaresima – 13 Marzo 2023

Liturgia della Parola (2Re 5, 1-15a; dai Sal 41 (42) e 42 (43))

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4, 24-30)

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Riflettiamo insieme

In noi c’è un profondo attaccamento alla “patria”, ai criteri assorbiti dalla cultura e dalla società di provenienza. Il rapporto con Dio può prendere due direzioni: o entriamo noi nei suoi criteri o tentiamo di far entrare Lui nei nostri. 

La vera amicizia con Dio comincia quando accettiamo di uscire dalle nostre categorie. Questo è l’atto di fede. Senza questo Dio non può operare. Per entrare nella comunione con lui dobbiamo uscire dai nostri pensieri e camminare. Se non ci vogliamo muovere, ci riempiamo di sdegno, se non entriamo nel mistero e Lui….se ne va.

Preghiamo insieme

Donaci, Signore, di entrare con te nel combattimento della fede e di imparare a lasciarci guidare da te. Fa’ che non siamo noi a “cacciarti” dal nostro cuore e mandarti lontano, ma che ti accogliamo con cuore aperto e sincero. Amen.

III Domenica di Quaresima – 12 Marzo 2023

Liturgia della Parola (Es 17, 3-7; Sal 94 (95); Rm 5, 1-2.5-8)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4, 5-42)

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. 

Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 

Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 

Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 

Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 

Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 

Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 

La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».

Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 

Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». 

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni.

Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Riflettiamo insieme

Un orario: mezzogiorno, un luogo: il pozzo di Sicar, due persone: Gesù e una donna samaritana, sono questi gli ingredienti di un incontro che può trasformare la vita.

Recarsi a mezzogiorno al pozzo è sintomo di due cose: qualcosa da nascondere e un fortissimo disagio. La donna samaritana vive con malessere la sua condizione familiare, la percepisce come una rovina e quindi scappa dalla possibilità di incontrare le altre donne, dall’occasione di essere derisa, esponendosi alla pericolosità di andare ad un pozzo nelle ore più calde del giorno. Eppure è lì che Dio la aspetta: nel luogo più pericoloso, nel disaggio che deriva dal suo peccato Dio la attende per trasformargli la vita. Così dopo l’incontro non si nasconde più, anzi usa gli argomenti del suo peccato per farsi testimone della grandezza di quell’uomo incontrato. E lo fa al punto da divenire testimone autentica che trasmette agli altri la sua esperienza. 

Questo episodio del vangelo ci ricorda che non c’è peccato in cui non si possa trovare la mano di Dio disposta a rialzarci. 

Preghiamo insieme

Signore Gesù, donami la grazia di non sprofondare nella disperazione ma di saper riconoscere, nel dolore che mi affligge, quel gancio d’Amore che Tu hai preparato per trarmi dall’abisso del male. Amen.